mercoledì 30 maggio 2007

Fiaba più lunga....



C’era una volta una bella bambina, bionda, occhi verdi e intelligenti, chiacchierona e allegra, anche se un po’ viziata perché tutti le volevano troppo bene e la elogiavano sempre.

La bambina aveva circa sette anni, andava a scuola, faceva diligentemente i compiti e spesso giocava con suo fratello, di due anni più piccolo. Quest’ultima era una delle attività che preferiva e il cui piacere le veniva non dal gioco in sé, ma dalla convinzione di stare compiendo un atto di generosità nei confronti del fratellino non altrettanto sveglio e intelligente, a parer suo.

Era viziata, l’ho già detto, era anche presuntuosa, lo aggiungo.

Ma la cosa che più di tutto le piaceva fare era entrare in una Storia.

C’erano delle porte speciali in casa sua che portavano dentro le Storie, OVVIAMENTE solo lei le conosceva, una si trovava, guarda il caso, nel suo letto (ed era pratica a comoda da raggiungere), una dietro una porta normale, una era anche sul balcone di casa di sua nonna e poi c’era la porta delle porte, la più speciale fra tutte, nel bagno, su un puff di pelle rossa, coperta dall’enorme accappatoio del papà.

Quando la bambina si posizionava su una porta e chiudeva gli occhi era entrata nella Storia. E cominciava il gioco.

Si trasformava in una bella ragazza con lunghi capelli neri, occhi grandi, fisico esile e nome esotico, di grande, grande fascino e viveva la sua vita, di solito condita da qualche tragedia del tipo genitori perduti in un naufragio, reclusione forzata in un collegio (alla bambina piacevano molto le divise, tant’è che una volta era diventata la cameriera di una famiglia altolocata pur di avere la divisa).

La bambina vedeva solo cartoni animati sul genere Pelin, Remì e Bell e Sebastien, che se avesse visto qualche puntata in più dell’uomo tigre tutto ciò non sarebbe mai accaduto.

Non entrava mai nelle storie di draghi, di fate, di pirati.

Veramente, bisogna dirlo, lei rimaneva immobile lì, sulla porta magica, con gli occhi chiusi tutto il tempo (a volte si addormentava anche), era la fantasia a portarla dove, di volta in volta, lei decideva di andare.

Un giorno una di quelle porte, precisamente quella sul balcone di casa di sua nonna, la portò in una Storia che…

Si era trasformata in Sara, una ragazza di circa venticinque anni, caratteristiche fisiche un po’ diverse dalle solite protagoniste delle Storie della bambina, nemmeno il nome esotico e nessuna particolare tragedia alle spalle.

Si guardò e si accorse di non avere nemmeno la divisa. Ma come? Niente tragedia, niente divisa? In questa storia non c’è niente che mi stimoli, pensò la bambina.

Si la bambina aveva sette anni, ma parlava già in questi termini, lei cercava storie stimolanti.

Comunque incuriosita decise di non uscire perché in televisione qualche giorno prima aveva sentito un uomo serio e forse colto dire che in ognuno di noi c’è qualcosa di speciale. Così decise di rimanere, se non altro per scoprire, perché era bene saperlo, se anche gli uomini seri e forse colti dicono cazzate.

Ormai trasformata in Sara entrò nella stanza di Sara, ad occhio la stanza presentava delle anomalie: bambole e peluches che ci fanno qui dentro? Starebbero bene nella mia stanza, si diceva la bambina, non in quella di Sara che è grande. Alla fine concluse che probabilmente questa ragazza aveva una sorellina piccola, o una figlia. Ecco, poteva essere una ragazza madre abbandonata dal suo disonesto fidanzato! Ecco trovata la parte tragica della storia. Ad ogni modo la bambina non vide nessuna bambina e non ci pensò più. Sulla scrivania grossi libri con le pagine sottili sottili e le scritte piccolissime, alle pareti foto della ragazza con altri ragazzi e ragazze, foto della ragazza da bambina, occhi verdi e intelligenti.

Una bella stanza col pavimento rosa e tutta profumata di fragola. Che bello pensava la bambina, si sta bene qui, mi sento a mio agio, mi sembra di essere a casa mia, è tutto così tranquillo.

Sulla libreria un po’ disordinata, in mezzo a libri e cianfrusaglie varie attirò la sua attenzione un piccolo diario, un diario di Winnie the Pooh. Lo prese, si accomodò su una comoda poltrona nella stanza e cominciò a leggere.

Poteva, perché lei era la protagonista della Storia.

Leggendo conobbe la stanza e tutto ciò che là abitava, i personaggi delle foto e una presenza descritta come dolce e protettiva, focosa e un po’ infantile che riempiva ogni pagina e che lei chiamava Amore. Tutti gli oggetti divennero familiari e non ebbe bisogno di aprire l’armadio per sapere cosa c’era dentro perché leggendo lei era diventata Sara e Sara sapeva cosa c’era nel suo armadio.

L’odore di fragola cominciava a stuzzicarle l’appetito, forse era ora di riattraversare la porta e scoprire cosa aveva cucinato di buono la nonna, così la bambina si alzò e ripose il diario. Era molto ordinata nelle sue Storie. Lì sulla libreria scorse un libro strano, un album per raccogliere le foto. Sulla copertina, in rilievo, c’era una tartaruga e all’interno nemmeno una foto.

Che bello, le piaceva davvero molto.

È vuoto, pensava, non ci sono le foto, io ne avrei di foto da metterci, potrei prenderlo, magari non le piace, avrà dimenticato di averlo, ha tante cose belle, non se ne accorgerà se ne porto via una. E così fece, lo infilò veloce sotto la maglietta e si posizionò svelta sul punto esatto in cui si trovava quando era arrivata in quella stanza attraverso la porta magica. Sbattè le palpebre e si ritrovò fuori al balcone, sotto il sole tiepido e con una fame da lupi. E con l’album delle foto, senza foto.

Tutto il giorno tenne l’album con se, ben nascosto per non dover dare spiegazioni a nessuno sull’origine di quell’oggetto estraneo ma che era suo e la sera lo mise sotto il cuscino. Era stanca perché aveva passato il pomeriggio a fare strane evoluzioni su e giù dal letto a castello col fratellino, così il sonno la colse immediatamente e col sonno arrivarono i sogni e nel sogno un gradevole odore di fragola.

Stava sognando di mangiare una enorme torta di panna (quella buona, non quella vegetale) e cioccolato quando si avvicinò a lei un gattino…..la bambina voleva prenderlo in braccio, ma non lo conosceva e non sapeva se si sarebbe fatto prendere o se l’avrebbe graffiata ed era ancora indecisa e lo guardava negli occhi per scrutarlo, occhi verdi e intelligenti dentro ad occhi verdi…e intelligenti.

E il gatto le chiese: “perché hai rubato?”

La bambina abbassò lo sguardo e rispose: “merito una punizione vero?”

“Si” rispose il gatto “e sarà una dura punizione perché hai commesso due gravi peccati, hai rubato e hai violato la tacita regola di non portare mai con te nella realtà ciò che incontri nella fantasia, sarai quindi condannata a viaggiare sempre, casa tua sarà sempre piena di porte magiche che ti porteranno di qua e di la e vedrai tante Storie e vivrai tante vite, ma nella tua Storia tu rimarrai una bambina per sempre, il tuo corpo crescerà (ma non troppo), ma dentro rimarrai una bambina. Gli altri ti vedranno donna e pretenderanno da te quello che si pretende da una donna, ma tu faticherai, perché sarai una bambina per sempre e piangerai a volte apparentemente senza motivo, ma tu saprai che stai piangendo perché vuoi i baci e le carezze che si danno ai bambini, o un giocattolo o un gelato. Sarai per sempre bambina dentro, ma lo saprai solo tu e non avrai giustificazioni col mondo.”

La bambina non capì, ma così fu.

Sara

2 commenti:

ciaoegrazie ha detto...

e così sarà per sempre bambina mia...

TI AMO!!!

Anonimo ha detto...

è davvero bellissima, ma la vivi come una penalizzazione?